Anche se non avete magari mai sentito parlare di “personal branding”, di sicuro avrete già sentito frasi come: «devi imparare a valorizzarti», «l’importante è come lo comunichi» o «la prima impressione è quella che conta». Il personal branding non è tanto diverso da ciò e le definizioni non mancano: c’è chi dice che sia l’idea che gli altri si sono fatti di noi, chi che sia l’idea che noi abbiamo di noi stessi e del nostro brand. In altre occasioni è il motivo per il quale siamo stati scelti tra un fornitore piuttosto che un altro.
Ma cos’è il Personal Branding?
È la capacità di sapersi valorizzare, di creare le aspettative giuste (che naturalmente bisogna poi saper rispettare). Significa comunicare efficacemente ciò che si sa fare, come e perché. Il CEO di Amazon, Jeff Bezos, ha detto: “Il tuo brand è ciò che dicono di te quando non sei nella stanza”.
Ed è proprio qui che sta la difficoltà: raccontarsi nella maniera migliore. Per esempio, se siamo un’azienda o un libero professionista che offre un servizio, o un prodotto innovativo, per farci dire di sì, dovremmo creare nel potenziale cliente una grande convinzione verso noi stessi. Non solo, il personal branding entra in gioco anche in situazioni diverse, pensiamo ad un colloquio di lavoro: perché un’azienda dovrebbe scegliere un candidato piuttosto che un altro? La risposta è la stessa: essere in grado di sapersi valorizzare nella maniera giusta. Ciò significa imparare anche a riconoscere al meglio le proprie competenze.
Si fa un gran parlare del public speaking, ma oggi il “public writing” è in mano ad oltre 25 milioni di italiani che usano mensilmente Facebook, senza contare i 9 milioni di utenti su LinkedIn e gli altrettanti su Instagram, parlando solamente dell’Italia. Avete mai immaginato di essere sul palco appena si è pubblicato? Se si scrive un update su Facebook e si hanno centinaia di amici questi lo leggeranno anche se non si è letto ad alta voce, è come essere potenzialmente sempre in una piazza.E se si fa parte di un team, di un’azienda o di una qualsiasi organizzazione bisogna tenere reciprocamente conto di quanto il racconto personale influisca su quello più generale e viceversa.
Da Personal Branding a Social Personal Branding
Se negli anni passati infatti si parlava di personal branding “limitato” al mondo offline, ora, nel mondo del web 2.0, si è iniziato a parlare di “social personal branding” dove Internet diventa una vera e propria rampa di lancio. La presentazione “fisica” e le brochure sono una parte di ciò che mostra chi siamo e cosa facciamo. Ora il nostro biglietto da visita è quello che la Rete dice di noi, quello che Google fa apparire nei primi risultati di ricerca, quello che i social network dicono di noi e ciò che condividiamo.
La cura del dettaglio viene amplificata: ogni imprecisione rimane scritta nel web e può generare problematiche se non viene gestita. Per questo nascono le strategie di Social Personal Branding, per il quale abbiamo già tenuto tre corsi: il 27 marzo a Torino, il 6 aprile tramite la SELLALAB Academy e il 5 giugno a Lecce, per mostrare come comunicare se stessi online dando dei consigli per farlo nella maniera migliore. Condividendo i 12 passi per la gestione del proprio racconto e precisamente: visione, audience, obiettivi, contenuti, mezzi, coerenza, dinamicità, relazioni, public writing, radici, networking e privacy.
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